Don Angel Fernàndez Artime, Rettore maggiore e decimo successore di San Giovanni Bosco, in Expo per la giornata dedicata dall’esposizione universale ai salesiani

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«Crediamo nell’umanità, nei giovani, nel mondo». L’entusiasmo fiducioso di don Angel Fernàndez Artime, Rettore maggiore e decimo successore di San Giovanni Bosco, entra in Expo per il “don Bosco day”, giornata dedicata dall’esposizione universale ai salesiani.

 

Nel 1884, proprio don Bosco partecipava all’Expo di Torino presentando con i suoi ragazzi una macchina “tipografica” che creava la carta, stampava, rilegava. Attrezzatura all’avanguardia. Oggi il padiglione della Famiglia salesiana, Casa don Bosco, parla di educazione dei ragazzi (i temi di fondo non cambiano, rispetto a un secolo fa), e declina il titolo di Expo in “Educare i giovani, energia per la vita”.

 

“L’educazione è cosa di cuore”, si legge sulle pareti della Casa, e lo ripete spesso don Angel durante le relazioni che aprono il “don Bosco day”. «Questa giornata – spiega – non è per il trionfalismo, ma per affermare che crediamo nel mondo d’oggi, nei giovani e nelle giovani d’oggi, crediamo in un presente e in un futuro pieno di speranza».

 

Davanti a lui siedono, tra il pubblico, rappresentanti dei 30 gruppi salesiani ufficialmente riconosciuti: contano oltre 400mila membri impegnati quotidianamente nella cura e nell’educazione di bambine e bambini, ragazzi e giovani, con speciale attenzione ai più svantaggiati. Li saluta tutti, il decimo successore di don Bosco, sottolineando il valore di una diffusione così ampia nel mondo «e il valore non solo dei gruppi grandi e riconosciuti, ma di ogni piccola realtà che si ispira al carisma salesiano». Questo palco, questa Expo e questa «calda giornata», aggiunge, «sono occasioni belle per esprimere la nostra cittadinanza non solo italiana, ma mondiale. Crediamo nell’umanità, nei giovani, nel mondo. Il giovane d’oggi – conclude – è l’unico possibile, non ce n’è uno diverso. Noi educatori dobbiamo essergli vicino per aiutarlo a crescere». Sull’ispirazione del fondatore, di cui quest’anno si celebrano i 200 anni dalla nascita.

 

Anche la madre generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Yvonne Reungoat, non si allontana dal tema dell’educazione, rilevando come «nel mondo, c’è da fare ancora tanta strada perché le ragazze abbiano le stesse occasioni di formazione culturale dei maschi». Una differenza che è necessario colmare, aggiunge «in quanto educare una donna è educare un popolo. Perché la ragazza ha una visione specifica, quella di curare la cultura della vita, sviluppare le energie della vita». E di conseguenza, «educare le donne nel mondo significa lavorare per la cultura della pace». Come accade proprio in questi mesi e giorni in Siria a Damasco, racconta, «dove un gruppo salesiano sta continuando a lavorare, come se non ci fosse la guerra, per la formazione culturale e professionale di un gruppo di giovani mamme. La forza della vita e della solidarietà siano più forti della guerra».

 

Ci sono anche laici e coppie di sposi, tra i salesiani. Li rappresenta Noemi Bertola (introdotta da Luciano Moia, giornalista di Avvenire che coordina gli interventi) spiegando come spesso gli educatori, insegnanti, catechisti «siano chiamati ad essere anche riferimenti genitoriali nei casi in cui la famiglia entra in crisi, come capita spesso nelle case famiglia». Come? Diventando «punti di riferimento forti che danno ascolto, sorriso, cuore. Siamo professionalmente preparati, ma viviamo il nostro lavoro anche come una missione e questo ci dà una marcia in più. Con la consapevolezza – conclude – che l’educazione è cosa di cuore».

 

È colorata, la famiglia salesiana. Comprende sacerdoti, suore, volontari, ex allievi, giovani, anziani. Persino un gruppo di clown. I Barabba’s clown: animano il corteo che, terminati gli interventi, attraversa tutta Expo, guidato dalla banda musicale dei giovani di Poiares, Portogallo. I quali si fermano, insieme a tutto il gruppo, per un omaggio musicale dedicato alla Santa Sede, quando giungono all’altezza del Padiglione vaticano. Per poi entrare nella Casa don Bosco, qualche centinaio di metri dopo, attraversata piazza Italia. Qui la festa salesiana continua con un gruppo di suore asiatiche e africane, in abiti tipici dei loro paesi, che ballano divertite le danze della loro terra. Per poi fare spazio all’esibizione dei clown, applauditissima, e a un momento conviviale, familiare, di incontro tra i visitatori di Expo, le autorità, la Famiglia salesiana.

 

Nel 1884, Expo assegnò diverse medaglie d’oro ai padiglioni. A quello di don Bosco la diede d’argento. E il sacerdote non accettò che i suoi ragazzi stessero in una sorta di serie B. “Piuttosto la rifiuto”, dichiarò secondo le cronache dell’epoca.

 

Oggi la struttura salesiana è invece indicata come una delle più significative, dal Commissario generale di Expo, Bruno Pasquino. «So che, da novembre – dichiara – non sarà smantellata come purtroppo capiterà a diversi padiglioni, ma diventerà una casa famiglia in Ucraina. Complimenti per la scelta – aggiunge -, che è importante non solo politicamente, ma come segno tangibile e concreto di come i salesiani aiutano le persone in difficoltà».