Elver: «Paesi come Brasile, Guatemala, Kenya e India hanno tutelato il diritto al cibo anche a livello giudiziale, cosa che invece non si riscontra in molti paesi occidentali»

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«Gli scontri in Nord Africa che hanno portato al crollo di quei regimi sono stati preceduti da quattro anni di rivolte per il pane. La Siria prima della guerra ha conosciuto anni di siccità mai viste prima che hanno spinto le persone a spostarsi dalle campagne alle città. Il cambiamento climatico ha gettato nella miseria i contadini in Ciad dove ore prospera Boko Haram».

 

Lo ha sottolineato Grammenos Mastrojeni, diplomatico e collaboratore del Climate Reality Project fondato da Al Gore intervenuto sabato 13 giugno al convegno “Per nutrire davvero il pianeta”, organizzato in Expo da Caritas, Aggiornamenti Sociali, Fondazione Culturale San Fedele, Fondazione Lanza e WeWorld.

 

Insieme a lui, tra gli altri, anche Hilal Elver, relatore speciale delle Nazioni Unite per il diritto al cibo, che ha sottolineato la connessione molto stretta tra il cambiamento climatico e la tutela dei diritti umani.

 

«Il diritto al cibo è stato riconosciuto per la prima volta nel 1948 dall’Onu con la Dichiarazione universale dei diritti umani e ribadito nel ’66 dalla convezione – ha spiegato Elver. – Da allora cinquanta paesi hanno fatto leggi nazionali sulla materia. Alcuni come il Brasile, il Guatemala, il Kenya e l’India hanno tutelato questo diritto anche a livello giudiziale, cosa che invece non si riscontra in molti paesi occidentali».

 

Sul blog della Caritas in Expo i dati più interessanti messi in luce da Grammenos Mastrojeni, Hilal Elver e Marta Antonelli, ricercatrice all’Università IUAV di Venezia.

 

Sul sito di Caritas Ambrosiana il resoconto del convegno.