Il ministro Martina: «Il dialogo tra le religioni è avanzamento sulla strada della sfida della democrazia del cibo»

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Nella tradizione induista, in una sorta di gara di saggezza, fu detto agli dei e ai demoni di sedere a un tavolo e mangiare. A tutti furono consegnati cucchiai lunghissimi. Quando i demoni sedettero al desco, fu loro impossibile sfamarsi e se ne andarono frustrati e con la pancia vuota. Gli dei, invece, usarono i lunghi cucchiai per imboccarsi l’uno con l’altro.

Questo è il racconto fatto ieri da Svamini Hamsananda Ghiri, rappresentante dell’induismo che ha partecipato con altri leader religiosi all’incontro a Expo 2015 “Il cibo dello spirito nella Carta di Milano”, che rappresenta l’eredità cultuale dell’Esposizione universale.

Il racconto della tradizione induista dei lunghi cucchiai simboleggia l’altruismo in opposizione all’egoismo dell’uomo e proprio questo – assieme alla diversità e alla responsabilità – è stato uno dei temi centrali discussi all’incontro cui ha partecipato anche il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, che ha ricordato come «il dialogo tra le religioni è avanzamento sulla strada della sfida della democrazia del cibo». «Questo è uno dei più bei momenti vissuti a Expo», ha spiegato riferendosi all’incontro tra leader di fedi diverse che discutono approcci religiosi diversi al problema della nutrizione e che firmeranno la Carta di Milano.

La responsabilità del fedele di ogni credo è stata posta al centro da tutti i partecipanti all’incontro sul tema della produzione sostenibile del cibo. Monsignor Luca Bressan, vicario episcopale per Ecumenismo e dialogo della Diocesi di Milano, ha sottolineato come Dio ci abbia messo «nel giardino dell’Eden» per lavorarlo e curarlo «con intelligenza», come fecero i monaci che, «qui a Milano», già prima di Leonardo da Vinci avevano progettato canali d’acqua per l’irrigazione.

C’è anche la «responsabilità» di retribuire in modo equo i produttori di cibo nel mondo, ha fatto notare il reverendo Vickie Sims, della Chiesa anglicana. Per la tradizione islamica Allah ha creato «secondo la forma del Misericordioso», ha spiegato l’imam Hamid Abdel Qadir Distefano, per questo l’uomo ha la responsabilità della «custodia della creazione».

L’auto-sostentamento è fondamentale nell’induismo, ha spiegato Svamini Hamsananda Ghiri: «È da qui che derivano tutte le leggi etiche: l’uomo non è il centro dell’universo, non può vivere al centro di tutto, ma assieme al tutto se il tutto è regolato da leggi di rispetto».

E la responsabilità nei confronti del Creato è sottolineata da una serie di precetti biblici. Racconta il rabbino Elia Richetti che c’è nella Bibbia il divieto di piantare una vigna e del grano a stretta vicinanza: «Questo ci dà l’idea del rispetto del terreno». È inoltre scritto che è vietato servirsi dei frutti dei primissimi cicli delle piante, «per lasciare gli alberi rinforzarsi».

L’uomo è malvagio per natura, diceva Calvino e lo ha ricordato il pastore Giuseppe Platone della Chiesa Valdese. «Occorre essere pragmatici, discutere», la responsabilità «richiede uno sforzo dell’intelligenza».

Interdipendenza – «Noi siamo parte di un tutto» – è parola e atteggiamento chiave assieme alla non violenza (verso l’uomo e verso la Terra) per il buddhismo, ha detto il monaco Tenzin Khenze, che insiste sulla «scelta di essere etici, consapevoli di essere parte di un tutto e responsabili verso gli altri».

La lotta contro l’egoismo è invece il tema trasversale toccato da tutti gli esponenti delle diverse religioni in materia di consumo del cibo e soluzioni allo spreco. Sia il rabbino Richetti sia l’imam al Qadir hanno parlato di principi portanti delle loro fedi, riconducibili all’elemosina e la carità. Nell’ebraismo la zedaqah è l’obbligo di fornire a una persona ciò che serve per vivere in maniera dignitosa. Sadaqah, in arabo, è carità volontaria, quindi in entrambe le religioni la necessità di condivisione di quello che Dio ha messo a disposizione dell’uomo.

Tra le tre regole che la tradizione cristiana usa per il cibo, ricorda monsignor Bressan, c’è anche il principio di condivisione: «Non si mangia da soli, perché mentre ci si ciba si costruiscono relazioni; ‘Non di solo pane’: disciplinando l’approccio al cibo apriamo alla verità di noi stessi; farsi cibo: impariamo che Dio si è fatto pane e spinge noi a diventarlo per gli altri».

 

Tutti i ministri delle religioni hanno poi concluso l’incontro con sette benedizioni sul cibo secondo sette tradizioni diverse, con profonde sfumature di significato.